Mamme lavoratrici: oltre il senso di colpa

Mamme lavoratrici: oltre il senso di colpa

Il 4 aprile, in occasione delle serata organizzata dal centro psicologia clinica, il dr Colautti ha parlato del senso di colpa delle mamme lavoratrici. Riportiamo  di seguito un estratto della serata.

Non è solo un gioco di parole: penso davvero che si possa dare un senso al senso di colpa delle mamme lavoratrici. Penso anche che se il senso di colpa venisse adeguatamente compreso e trasformato potrebbe diventare una risorsa emotiva da utilizzare anziché un sentimento sgradevole da ricacciare in fondo all’animo o rimuovere. Anche perché il rimosso cacciato dalla finestra rientra mascherato dalla porta.

Il senso di colpa è una di quelle emozioni difficili da maneggiare per le mamme, in particolare per le mamme lavoratrici. Sto abbastanza con mio figlio? Non lo farò soffrire troppo lasciandolo tutto questo tempo all’asilo? Ma vale davvero la pena lavorare così tanto? Sono una buona madre? Sono degenere se il mio desiderio non si esaurisce in quello di mamma?

Le mille difficoltà nel trovare un equilibrio tra le richieste, le esigenze e i desideri e organizzarle in scadenze, incombenze e attività quotidiane non consente di rispondere a queste domande in modo sempre lucido. La fatica non è solamente pratica ma è spesso e soprattutto emotiva: il dato di realtà si mescola con la fantasia (e con i fantasmi) e il confine tra ciò che è vero e ciò che è soltanto immaginato si confonde.

Mamme lavoratrici: preoccupazione materna primaria

Quanto le mamme si devono prender cura dei loro piccoli? Fino a che punto devono negare quei desideri che non rientrano nell’occuparsi del bambino? Quando possono dire di essere adeguate?

Le mamme, se non hanno impedimenti di tipo pratico o di tipo psichico sono naturalmente predisposte a prendersi cura del bambino per una sorta di preoccupazione materna primaria. Secondo D.W. Winnicott (1) si può pensare che questo stato psichico sia biologicamente condizionato e influenzi la relazione madre e bambino (o bambina) fin dai primi mesi di gravidanza e ancor prima che il bambino venga al mondo: orienta la madre nel soddisfare adeguatamente i bisogni del bambino e naturalmente la dispone a prendersene cura. Di qui l’espressione dello stesso Winnicott divenuta celebre di mamma sufficientemente buona, riferendosi al fatto che le madri, a certe condizioni, sono naturalmente adeguate a svolgere questo delicato ruolo.

Potremmo dire che di questa preoccupazione materna primaria il senso di colpa è un derivato psichico che segnala quando la mamma potenzialmente si sta allontanando dalla relazione di cura nei confronti del bambino. In tal senso va pensato come una sorta di sistema d’allarme messo a protezione della relazione madre-bambino.

Un sistema d’allarme da decodificare

Tuttavia, come molti sistemi d’allarme emotivi primari, anche il senso di colpa delle madri verso i propri piccoli non è sempre di facile interpretazione. È dunque fondamentale che venga compreso e decodificato prima di essere utilizzato per prendere decisioni ed agire.

Oltretutto, riguardo al ruolo delle mamme, negli ultimi tempi sono mutate notevolmente le condizioni culturali, sociali ed economiche, motivo per cui il loro senso di colpa e il timore di inadeguatezza deve essere ricompreso non solo all’interno di una storia personale e familiare che ne orienta le motivazioni, ma anche all’interno di un sistema sociale che è mutato. Alcune domande devono trovare una risposta nuova e articolata.

Di cosa parla il mio senso di colpa? Cosa mi preoccupa davvero? Quanto è sano? Quanto segnala qualcosa d’altro?

In questo la psicoanalisi può fornire una chiave di lettura e di comprensione più profonda di altri approcci, coerente con la complessità delle dinamiche affettive e relazionali implicate nel rapporto tra le mamme e i loro piccoli. Certo è che dobbiamo abbandonare l’idea di una psicoanalisi pulsionale, interpretativa, unipersonale di impianto classico e rivolgerci ad orientamenti più recenti, come quello relazionale (2).

Psicoanalisi relazionale e senso di colpa

Da questa prospettiva possiamo meglio cogliere come il senso di colpa delle madri porti in superfice vicende affettive personali e familiari che riprendono vita e si intrecciano nella nuova relazione col bambino. L’intreccio di dipendenza, bisognosità, accudimento, separazione, indipendenza, gioco di ruoli tra maschile e femminile … non è solo quello tra questa mamma, il suo piccolo e il suo partner ma riaggancia bisognosità, accudimenti, separazioni e gioco di ruoli di quando questa mamma era piccola e bisognosa e aveva intorno a sé un mondo materno e familiare che la ha accolta per come poteva, in modo adeguato o meno adeguato, con o senza sensi di colpa, con idealizzazioni, delusioni, fatiche e gioie.

Di chi è allora questo fastidioso senso di colpa che la mamma faticosamente cerca di superare? Quanto quel mondo che un tempo la ha accolta ora risuona e si fa sentire? Si può andare oltre? In che modo?

Trasformare il presente (liberando il futuro dai fantasmi del passato)

Nel lavoro psicoanalitico il passato si fa carico del futuro e il futuro si può incaricare di fare pace col passato. Nelle nostre vite i fantasmi del passato giocano il loro ruolo e si mescolano col presente, ma se li sappiamo accogliere con rispetto e carità quasi sempre poi ci lasciano stare (3). Il senso di colpa delle mamme racconta del loro presente e del loro passato, della storia personale, familiare e sociale, con le loro fatiche, conquiste, gioie, soddisfazioni, e fantasmi. Se sappiamo accogliere tutto ciò, con rispetto e delicatezza, se resistiamo alla fretta di liquidare i fastidi e le sofferenze come accidenti ineluttabili, allora il presente può essere trasformato. Allora la colpa può diventare responsabilità e la responsabilità si fa domanda e interrogandoci potremmo scoprire che quel fastidioso senso di colpa è solo in parte responsabilità di questa mamma. Potremmo vedere più chiaramente che tutte quelle domande ingombranti e quelle ambivalenze devono trovare risposte anche altrove. E se si cominciano a fare buone domande, ancorché scomode e imbarazzanti, aumenta la probabilità di avere buone risposte per decidere e agire nel modo più opportuno. E ci prendiamo così davvero cura della mamma, del bambino e della loro relazione liberandola da emozioni fuori luogo (e fuori tempo) lasciandogli la sola preoccupazione, questa sì materna e primaria, di mettere al mondo un nuova e bellissima storia di vita.

Visita il sito del dr Colautti

(1) D.W. Winnicott (1896-1971), pediatra e psicoanalista inglese che ha dato un contributo fondamentale alla riflessione teorica e alla pratica clinica psicoanalitica in riferimento alla relazione del bambino con la madre.

(2) Senza addentrarsi nelle questioni e nelle distinzioni teoriche e di teoria della tecnica può essere utile fare riferimento alla sintesi riportata in questo breve articolo.

(3) Una rappresentazione metaforica di ciò a cui faccio qui riferimento è il racconto dal titolo Il fantasma di Canterville di O. Wilde.

Rate this post

Submit a Comment