LA FOLLIA DELLA QUOTIDIANITA’, LA QUOTIDIANITA’ DELLA FOLLIA

I martedì del Polo. Incontri con la Psicologia

Serata organizzata da DP&P – Orientamento, supporto e cura dei disturbi di personalità e delle psicosi, in collaborazione con ASVAP4 Saronno e CLS-Sun Chi Saronno.
10 ottobre 2017, Giornata Mondiale della Salute Mentale
Relatori: Dott. Ettore Muscogiuri, Psichiatra e Psicoterapeuta; Michela Darò, Presidente ASVAP4 Saronno, A. Reina e F. Ferraro, Esperti in Supporto tra Pari (ESP)

La follia è presente nella nostra quotidianità?

Iniziando a porci questa domanda, possiamo riconoscere due modi fondamentali in cui possiamo incontrare la follia nella nostra quotidianità:

la follia può essere presente accanto a noi quotidianamente. Tale idea è molto vicina al senso comune e porta a considerare se stessi come normali e gli altri come non normali.
la follia può anche tuttavia essere dentro di noi, all’interno dei nostri comportamenti. Quand’è così ci si apre alla possibilità che ciò che gli altri vedono in noi e che ci viene riferito esiste davvero.

Ripercorrendo il tema della follia lungo la sua evoluzione storica, è possibile individuare alcuni termini che hanno contribuito a delinearne le caratteristiche:

Normalità VS Anormalità

Salute VS Patologia

Quotidianità VS Eccezionalità

Sebbene per molto tempo si sia stati abituati a pensare questi concetti come opposti, in realtà esiste tra essi una corrispondenza biunivoca; vale a dire che è possibile rintracciare in ciascuno di noi sia degli aspetti di normalità sia degli aspetti di anormalità, e così via.

La normalità è solo una questione di consenso”
P. Coelho

Partendo dalla prima distinzione, quella tra “normalità” e “anormalità”, potremmo dire che ciò che è normale è ciò che è atteso e prevedibile, ciò che ha a che fare con il nostro quotidiano e con le nostre abitudini, ciò che non salta all’occhio, che non colpisce.
Di contro, quando qualcosa (o qualcuno) è anormale, ai nostri occhi si presenta come strano, bizzarro, come non-atteso e per certi versi spaventoso. Qualcosa che si situa al di fuori della “norma”, cioè fuori da un trend statistico.

È bene ricordare che i concetti di normalità e anormalità sono variabili sia in base ai contesti storici e sociali in cui uno vive, ma anche in base al ciclo di vita di una determinata persona; ad esempio ciò che può essere normale per un bambino, può non esserlo per un adulto.
Come afferma Foucault, nel corso della storia si è passati da una visione del folle come posseduto dal demonio a una concezione più positivistica per cui si è iniziato a concepire il folle come un malato che ha bisogno di essere curato.

Esiste un confine netto tra normalità e follia?

Il punto di partenza di chi oggigiorno si occupa di cura dei disturbi mentali è che la risposta a questa domanda è no: non esiste una linea di demarcazione assoluta tra ciò che intendiamo come sano e ciò che invece è patologico.
Molti aspetti che apparentemente possono avere a che fare con la follia, non sempre sono indizi di patologia.
Oggi si è portati piuttosto a concepire normalità e follia lungo un continuum:

   Normalità                                                              Follia

È molto difficile, se non addirittura impossibile, incontrare una persona che sia completamente normale o completamente folle; in altre parole, non esistono gli estremi assoluti del continuum. Invece la nostra realtà quotidiana è costituita dagli infiniti punti che stanno sul continuum.
E che cosa agisce sul continuum e dunque sulla nostra quotidianità?
I fattori sono diversi: possono essere le risorse psichiche individuali, i fattori ambientali, la genetica e le esperienze infantili.

“Homo sum, humani nihil a me alienum puto”
Terenzio

Come detto, in ciascuno di noi possono trovarsi elementi di piccola follia quotidiana; ad esempio una persona apparentemente “sana” può avere nuclei di sofferenza psicologica che, perché non curati o per altre svariate ragioni, possono tramutarsi in disturbi mentali.
Il Modello Stress-Vulnerabilità è molto usato da chi si occupa di salute mentale ed è uno strumento utile per comprendere come la malattia mentale non sia qualcosa di dato di per sé, bensì il risultato di aspetti di vulnerabilità individuale e di eventi stressanti (quali lutti, separazioni, traumi e abusi).

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Questo modello ci aiuta a capire perché ad esempio individui simili per contesto sociale o ambiente di vita possano sviluppare “forme” diverse di salute o malattia mentale. La domanda che sorge a questo punto è:

Allora esiste la malattia mentale?

La risposta è : a voler essere precisi esistono le malattie mentali che possono essere diverse fra loro oppure presentarsi secondo gradi diversi.
Occorre perciò fare attenzione all’immagine delle malattie mentali che riceviamo dai mezzi di comunicazione che, il più delle volte, rischiano di generalizzare un disturbo che in realtà presenta molte sfaccettature.

Il continuum della normalità-patologia: alcuni esempi tratti dalla filmografia

Aiuteranno a comprendere meglio il continuum alcune situazioni riportate in dei celebri film: il concetto che è opportuno tenere sempre bene in mente è che non esiste, come già accennato, un confine netto e stabilito tra una condizione “normale” e una “patologica” quanto piuttosto un grado crescente di intensità dei sintomi e degli stili di personalità che può, all’estremo, portare a un vero e proprio disturbo oppure, all’estremo opposto, rimanere un “tratto” più o meno invalidante per la persona, ma entro una situazione di “salute mentale”.

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Timidezza e Disturbo Evitante

Timidezza situazionale          Timidezza cronica          Fobia sociale (circoscritta o generallizata)          Disturbo di Personalità Evitante       

Nel film “Il favoloso mondo di Amélie”, la protagonista è una ragazza molto timida. Talmente timida che in una scena del film la si vede nel bar in cui lavora che non trova il coraggio di palesarsi all’uomo di cui è invaghita e che lei stessa ha invitato. La sua timidezza è tale da arrivare a negare all’uomo di essere realmente lei e, dopo che lui se n’è andato, attraverso una immagine divertente, ma al tempo stesso significativa, la vediamo sciogliersi letteralmente a causa dell’imbarazzo e della vergogna provati.
Quella di Amélie è una forma di timidezza molto invalidante, tanto che lei non sta bene in una condizione in cui vorrebbe poter fare un passo in più, ma al tempo stesso non si sente in grado di farlo. Letto lungo il continuum, un simile atteggiamento è un “precursore” del Disturbo di Ansia Sociale che consiste nella paura di sembrare goffi e impacciati, di risultare ridicoli e di essere giudicati dagli altri e può manifestarsi spesso nella paura di parlare in pubblico.
La risposta che una persona generalmente mette in atto per fronteggiare tale vissuto di ansia è l’evitamento delle situazioni di rischio. Il risultato di un simile comportamento è che spesso queste persone pongono un limite molto forte alle proprie relazioni sociali, come nella scena del film in questione.
Quando tale evitamento diventa cronico e persistente, sorretto da una vera e propria fobia sociale, può strutturarsi in un Disturbo di personalità definito appunto evitante.
È il caso del protagonista del film “Scoprendo Forrester”, un uomo che vive segregato nella propria casa, senza alcun contatto con il mondo esterno. L’unico amico che ha è un giovane ragazzo che lo spinge a uscire di casa e ad avere dei contatti con il mondo.
In una scena emblematica del film i due si recano allo stadio per assistere a una partita; Forrester è visibilmente impaurito dal fatto di essere “all’esterno”, addirittura indossa un paio di occhiali da sole in pieno giorno in quanto infastidito dalla luce. Quando si ritrovano in mezzo alla folla, Forrester rimane solo per qualche minuto, quanto basta perché abbia un attacco di panico prima che l’amico lo ritrovi.

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Superstizione e Delirio

Superstizione          Pensiero magico (il bambino)          Deliri e allucinazioni          Disturbo Schizofrenico

Ciascuno di noi, nella vita di tutti i giorni, sperimenta in misura variabile atteggiamenti che riguardano la superstizione e il pensiero magico.
Il secondo, in particolare, è molto presente nel bambino prima che questo sviluppi, come ci ricorda Piaget, un pensiero di tipo ipotetico-deduttivo.
Superstizione e pensiero magico non costituiscono dunque di per sé forme di malattia mentale. Basti pensare che in alcuni contesti e in certe tradizioni elementi legati alla superstizione non solo sono comunemente accettati, ma possono essere collegati a dei rituali che hanno una valenza terapeutica. Questo è il caso della “taranta”, una forma rituale tuttora in voga in alcune zone dell’Italia attraverso il quale viene “curato” il male, di cui a soffrire sono generalmente delle donne, per mezzo di musiche e danze che hanno appunto una finalità terapeutica.
Il delirio consiste invece in una convinzione fortissima e incrollabile contro ogni evidenza e prova di realtà.
Esso costituisce un forte segnale di patologia e, in particolare, qualora ad esso si accompagnino delle allucinazioni e altre caratteristiche di disorganizzazione legate al pensiero e al comportamento, può costituire un vero e proprio Disturbo Schizofrenico.
In un bellissimo film, “A beautiful mind”, il protagonista è un celebre matematico affetto da una gravissima schizofrenia. La sua malattia lo porta a vedere persone che non esistono realmente (allucinazioni visive) oltre a sentirsi controllato e seguito dai servizi segreti (delirio persecutorio). È molto forte ed esplicativa una scena del film in cui è ben mostrato quanto le allucinazioni interferiscano negativamente sulla sua vita: infatti rischia di uccidere il proprio figlio mentre gli fa il bagno, credendo che un’altra persona, che in realtà non esiste, se ne stia occupando; addirittura il protagonista arriva a fare del male alla moglie, pur volendo in realtà proteggerla. Alla fine, grazie alla sua intelligenza e al suo intuito, riuscirà a distinguere le persone reali da quelle non reali e potrà così convivere con le sue allucinazioni e dunque con la sua malattia.

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Controllo e Disturbo Ossessivo Compulsivo

Rigidità e puntigliosità          Controllo e eccessiva precisione          Personalità ossessivo-compulsiva          Disturbo ossessivo-compulsivo

Le persone possono variare in base al grado di ordine e precisione con cui svolgono le quotidiane attività della vita. Certamente ciascuno di noi conosce persone quasi “maniache” per il modo di comportarsi: tratti come l’eccessiva rigidità, un forte controllo su di sé e gli altri, un focus sproporzionato sulla propria salute e il proprio benessere fisico (ad esempio eccessiva pulizia di sé e degli ambienti di vita) possono essere precursori di una personalità di tipo ossessivo-compulsivo.
Chi soffre di un Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità si presenta appunto come rigido, molto ordinato e maniaco del controllo; si parla in questo caso di un disturbo egosintonico per intendere che la persona non sta male a causa di tali aspetti del suo carattere.
Potrebbe tranquillamente rientrare in questa “categoria” il protagonista di una nota serie televisiva, Sheldon Cooper che ha l’abitudine di bussare per tre volte alla porta della vicina di casa, chiamandola tre volte per nome. Pur nella sua comicità, il personaggio rende l’idea di questo tipo di personalità che, per quanto “peculiare”, non genera una sofferenza concreta nella persona.
Diverso è invece il Disturbo Ossessivo-Compulsivo in cui sono presenti delle ossessioni (idee e pensieri spesso legati alla propria incolumità, al contagio e alle malattie fisiche) che sono fonte di sofferenza (disturbo egodistonico) per la persona che attraverso rituali e compulsioni tenta di alleviare tale sofferenza.
Un film con Leonardo Di Caprio, “The Aviator”, contiene una scena in cui il protagonista, affetto da tale disturbo, si trova nel bagno di un ristorante e dopo essersi lavato le mani in modo compulsivo – al punto da procurarsi una ferita da abrasione – si rende conto di non essere in grado di uscire perché non riesce a toccare la maniglia della porta temendo, appunto, che possa essere contaminata. La scena permette di capire quanto invasivo e invalidante sia tale disturbo per chi ne soffre.

ASVAP e figura dell’ESP

Michela Darò presidente di ASVAP 4 – Associazione volontari aiuto alle persone con disturbi psichici è intervenuta raccontando e descrivendo la realtà dell’Associazione che opera sul territorio del saronnese da oltre vent’anni.

Quanto è importante per le persone con problemi e soprattutto per le loro famiglie la presenza di un’Associazione?

Al suo interno operano sia volontari che familiari che offrono un supporto nel corso di momenti molto difficili e a volte drammatici per gli individui e le loro famiglie.

Come accedono i familiari all’Associazione?

La porta di benvenuto è il “Gruppo di auto-mutuo aiuto”: un gruppo di persone che si incontrano e condividono le loro esperienze, sofferenze e criticità. Si tratta di familiari che hanno all’interno del proprio nucleo persone con disturbi mentali.

Perché è importante il Gruppo di auto-mutuo aiuto?

Non è un gruppo terapeutico – anche se, soprattutto inizialmente, possono esservi interventi da parte di professionisti del settore – ma è un gruppo di persone alla pari in quanto condividono le stesse esperienze. Nessuno conduce il gruppo: il gruppo si incontra e si racconta; è un momento di grande sollievo per chi vi partecipa che ha la possibilità di condividere le proprie sofferenze, ma anche di sdrammatizzare momenti molto difficili.

Di cosa altro si occupa l’Associazione?

L’associazione ha un dialogo costante con i servizi di cura. Questo può aiutare i familiari che, per varie ragioni, non se la sentono di interloquire in prima persona con i servizi e che trovano nell’Associazione uno strumento di mediazione molto utile.
Grazie ai molti volontari l’Associazione offre sostegno alle persone sia dentro i servizi che fuori attraverso attività risocializzanti e rieducative.

Chi è e cosa fa l’ESP?

Fare l’ESP aiuta sé stesso e aiuta gli altri
F. Ferraro, Esperto in Supporto alla Pari

“ESP” sta per Esperto in Supporto tra Pari. Gli ESP sono persone che vivono e hanno vissuto sulla propria pelle un disagio psichico e che, attraverso un percorso di formazione e di consapevolezza, hanno superato le proprie difficoltà.
Rispetto ai volontari e agli operatori sono in grado di offrire un supporto molto più vicino alle persone che soffrono di disagio proprio in virtù della propria storia personale.
Le caratteristiche di tale figura sono descritte dettagliatamente nel libro “ESP in cammino” , frutto di uno studio condotto dal Dipartimento di Sociologia dell’Università Bicocca di Milano e volto a censire il numero di ESP in Lombardia, le attività che svolgono e il rilievo di tale figura per il mondo della psichiatria oggi.
Gli ESP sono coinvolti nel territorio del saronnese in diverse attività presso ASVAP, gruppi di supporto all’interno dell’Associazione di auto mutuo aiuto il Clan-Destino, presso Focris (Fondazione Casa di Riposo Intercomunale di Saronno) oltre a interventi di risocializzazione nel territorio.
Un’altra bella iniziativa a cui hanno partecipato alcuni ESP, tra cui A. Reina intervenuta nel corso della serata, è la Biblioteca Vivente tenutasi a Milano in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale: un’occasione di dialogo tra persone sofferenti e cittadini grazie a cui è possibile entrare in contatto diretto e farsi raccontare in prima persona le “storie” di persone che vivono o hanno vissuto qualche forma di disagio.

 

Patrizio Ferrari, dottore in Psicologia
Tirocinante presso il Polo Saronnese di Psicologia

 

 

 

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