Affido omoculturale: una nuova forma di affido per proteggere la dimensione culturale dei minori

Affido omoculturale: una nuova forma di affido per proteggere la dimensione culturale dei minori

 

L’affido familiare, nato in Italia con la legge del 1983, è un’istituzione che prevede l’accoglimento temporaneo di un minore in una famiglia disposta ad occuparsene fino a quando i genitori biologici non sono in grado di esercitare nuovamente, e in modo adeguato alle richieste, i compiti genitoriali. In questi ultimi anni, si è fatto sempre più avanti un nuovo modo di pensare all’accoglienza dei minori che possa rispondere maggiormente ai loro interessi. Nasce, così, l’affido omoculturale, che cerca di soddisfare alcuni bisogni del bambino affidato, in particolare quello di poter restare nello stesso contesto culturale della propria famiglia di origine. Infatti, si è pensato che per un bambino sia meglio essere affidati ad una famiglia con la medesima lingua e le stesse credenze culturali e religiose, in modo da non perdere totalmente i riferimenti principali della vita del minore al momento dell’allontanamento. Inoltre, così facendo, si può mostrare al bambino e ai suoi genitori biologici come un’altra famiglia proveniente dallo stesso paese di origine sia riuscita a cavarsela in uno stato straniero.

Perché parlare di affido omoculturale?

I motivi per cui oggi è importante parlare di affido omoculturale sono due. Il primo riguarda la presenza sempre maggiore, in Italia, di minori stranieri non accompagnati e la recente legge n. 47 del 2017 che spinge nella direzione dell’affido anche per loro. Il secondo motivo è legato al dibattito tra la scelta di un affido omoculturale ed uno eteroculturale che tuttora rimane aperto.

Non sempre, infatti, l’affido omoculturale viene considerato un valido aiuto per il minore, perché si pensa che tale tipo di affido non accompagni il bambino nell’integrazione alla nuova cultura del paese in cui si trova. Ciò accade perché, in questo caso, il minore non viene affidato ad una famiglia italiana che può insegnargli a parlare meglio la lingua e che può trasmettergli le culture del nuovo paese in cui è emigrato. Inoltre, l’affido omoculturale potrebbe aumentare la competizione tra la famiglia affidataria e quella di origine, perché metterebbe a confronto una famiglia che è riuscita nel suo progetto di immigrazione ad un’altra che, invece, è di fronte ad una forte crisi.

Minori stranieri e affido omoculturale

È importante anche tenere presente uno dei motivi essenziali per cui l’affido omoculturale è nato, ovvero l’immigrazione nei paesi europei dei minori stranieri non accompagnati. Gli ultimi dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali riportano che nel febbraio del 2018 i minori stranieri non accompagnati in Italia fossero 14.338, di cui più del 90% di genere maschile e nella fascia tardo adolescenziale (la maggior parte ha dai 16 ai 17 anni). Ormai sappiamo che questi giovani partono dai loro paesi perché sperano di trovare un lavoro, quasi nell’immediato, per poter aiutare i parenti rimasti nel paese di origine. Si sentono già adulti e responsabili del mantenimento della propria famiglia, ma quando arrivano in Italia vengono accolti come minori e trattati come tali. Cosa si può fare per loro? Ecco che l’affido omoculturale può venirci in aiuto. Nonostante gli svantaggi citati precedentemente, è logico pensare che sia più facile e più agevole per un adolescente sentirsi parte di una famiglia che proviene dallo stesso paese e che può aiutarlo nel suo percorso migratorio, proprio perché i membri che la compongono hanno vissuto in prima persona le stesse difficoltà e incertezze che il giovane sta affrontando. È chiaro che l’affido omoculturale non è la risposta a tutte le situazioni in cui il minore affidato fa parte di una minoranza straniera, ogni situazione deve essere valutata singolarmente. In ogni caso, l’affido omoculturale va promosso, in modo tale da poter valorizzare nella nostra comunità anche le esperienze di integrazione riuscite delle famiglie migranti e per responsabilizzare le associazioni straniere in Italia. L’affido eterofamiliare, però, rimane sempre la forma di affido privilegiata per sopperire ai bisogni di affetto che sono stati sottovalutati nella storia pregressa del bambino. Sarà opportuno, quindi, lavorare su vari piani e livelli, affinché la sfida della migrazione e il lavoro di sostegno per il bambino e per tutta la sua famiglia possa essere pensato su misura per ciascun caso, così da risultare il più efficace possibile.

Petra Barni

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